di Riccardo Nencini
Il risultato numerico alla luce delle precedenti consultazioni, tutte fallite, e per i ripetuti e fallosi tentativi del Governo di affossare i quesiti, è straordinario, ma quello politico è eclatante e rafforza la mezza rivoluzione iniziata con il voto amministrativo di neppure un mese fa. Senza quel voto, il quorum non sarebbe stato raggiunto. I quattro quesiti nascondevano, e dall’inizio una questione puramente politica, - quello sul legittimo impedimento e quello sul nucleare – e intendevano promuoverla ben oltre il significato referendario. Ma senza Napoli, Milano, Cagliari, Trieste e Novara, senza l’annunciata fine della missione berlusconiana, la questione politica sarebbe rimasta sullo sfondo, cornice di un’opera di autore noto. Chi dunque sostiene che i referendum vanno giudicati secondo parametri apolitici sbaglia grandemente (solo in piccola parte ha ragione). Tra i quattro sì, sacrosanti, quello sul legittimo impedimento, è quello che meriterebbe subito una più attenta riflessione. La giustizia in Italia è drammaticamente lenta, e nel caso in cui l’indagato sia un esponente di governo questo costituisce un danno oggettivo per la persona e per la funzione che espleta. Se è vero che le norme salva-premier hanno fatto diventare intollerabile il rapporto tra potere politico e giustizia, è non meno vero che il problema potrebbe riproporsi in futuro, anche se non nei termini malati che ci ha imposto Berlusconi. Allora invece di ricercare impossibili salvacondotti, perché non immaginare una giustizia più veloce per i vertici del governo come ha suggerito anche l’ex ministro e ora governatore leghista Zaia a urne aperte? In attesa di una vera riforma non sarebbe male una soluzione che garantisse una giustizia uguale per tutti, ma anche capace di aiutare l’Italia a funzionare meglio.
Un’ultima riflessione sul futuro che ci attende. Che succederà da oggi ai prossimi mesi ?
Si fronteggeranno due fenomeni. Il primo, il protagonismo soggettivista, inverato di pratiche demagogiche e populiste, mostrerà sempre più la corda. Sobrietà e responsabilità riprenderanno il loro posto e, con loro, la politica e forse anche i partiti. Il secondo, il superamento di questo lungo ciclo non avverrà repentinamente, hic et nunc; vi saranno scosse di assestamento del tutto naturali e l’attenzione politica verrà catturata soprattutto da due fattori. Il centro-destra italiano, a differenza da molte destre europee, ha saputo ‘costituzionalizzare’ gli estremismi. Nella sua azione di rilancio questo è un vantaggio. Lo svantaggio è dato dal comportamento del suo leader, destinato a restare nonostante tutto. Quanto accadrà nei due schieramenti segnerà il tempo prossimo venturo. Nel centro-sinistra italiano è ancora troppo marcato il deficit di riformismo. Se resta così, il futuro potrebbe essere meno propizio del presente amministrativo-referendario.
L’Italia non ha bisogno di coalizioni “carriste”, ma di riformismo al governo: solo così la mezza rivoluzione di questa primavera non resterà incompiuta.
Il risultato numerico alla luce delle precedenti consultazioni, tutte fallite, e per i ripetuti e fallosi tentativi del Governo di affossare i quesiti, è straordinario, ma quello politico è eclatante e rafforza la mezza rivoluzione iniziata con il voto amministrativo di neppure un mese fa. Senza quel voto, il quorum non sarebbe stato raggiunto. I quattro quesiti nascondevano, e dall’inizio una questione puramente politica, - quello sul legittimo impedimento e quello sul nucleare – e intendevano promuoverla ben oltre il significato referendario. Ma senza Napoli, Milano, Cagliari, Trieste e Novara, senza l’annunciata fine della missione berlusconiana, la questione politica sarebbe rimasta sullo sfondo, cornice di un’opera di autore noto. Chi dunque sostiene che i referendum vanno giudicati secondo parametri apolitici sbaglia grandemente (solo in piccola parte ha ragione). Tra i quattro sì, sacrosanti, quello sul legittimo impedimento, è quello che meriterebbe subito una più attenta riflessione. La giustizia in Italia è drammaticamente lenta, e nel caso in cui l’indagato sia un esponente di governo questo costituisce un danno oggettivo per la persona e per la funzione che espleta. Se è vero che le norme salva-premier hanno fatto diventare intollerabile il rapporto tra potere politico e giustizia, è non meno vero che il problema potrebbe riproporsi in futuro, anche se non nei termini malati che ci ha imposto Berlusconi. Allora invece di ricercare impossibili salvacondotti, perché non immaginare una giustizia più veloce per i vertici del governo come ha suggerito anche l’ex ministro e ora governatore leghista Zaia a urne aperte? In attesa di una vera riforma non sarebbe male una soluzione che garantisse una giustizia uguale per tutti, ma anche capace di aiutare l’Italia a funzionare meglio.
Un’ultima riflessione sul futuro che ci attende. Che succederà da oggi ai prossimi mesi ?
Si fronteggeranno due fenomeni. Il primo, il protagonismo soggettivista, inverato di pratiche demagogiche e populiste, mostrerà sempre più la corda. Sobrietà e responsabilità riprenderanno il loro posto e, con loro, la politica e forse anche i partiti. Il secondo, il superamento di questo lungo ciclo non avverrà repentinamente, hic et nunc; vi saranno scosse di assestamento del tutto naturali e l’attenzione politica verrà catturata soprattutto da due fattori. Il centro-destra italiano, a differenza da molte destre europee, ha saputo ‘costituzionalizzare’ gli estremismi. Nella sua azione di rilancio questo è un vantaggio. Lo svantaggio è dato dal comportamento del suo leader, destinato a restare nonostante tutto. Quanto accadrà nei due schieramenti segnerà il tempo prossimo venturo. Nel centro-sinistra italiano è ancora troppo marcato il deficit di riformismo. Se resta così, il futuro potrebbe essere meno propizio del presente amministrativo-referendario.
L’Italia non ha bisogno di coalizioni “carriste”, ma di riformismo al governo: solo così la mezza rivoluzione di questa primavera non resterà incompiuta.